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Dipingo senza ordine né disciplina, senza dogmi intellettuali né canoni preconcetti, mi piace entrare e uscire dalle idee, dalle emozioni, anche quelle di pochi istanti, dalle cose, dalle situazioni... credo nel disordine del mio istinto e della mia interiorità, non so mai dove mi porteranno.
Sono insofferente nei confronti del dogmatismo imperante, della banalità del quotidiano, dei media… non voglio farmi contaminare né tantomeno voglio che influenzino la mia pittura.
Quello che mi è necessario, che mi stimola è fare emergere l'essenza del mio inconscio, del mio sé superiore, la mia spiritualità e deprimere, oscurare il pensiero logico, razionale, condizione che mi è necessaria per entrare in una sorta di mondo parallelo, ignoto in cui inseguo le visioni, i fremiti, le suggestioni, le vertigini dello spirito con colori, tracce, segni, vuoti, assenze.
Cerco di cogliere l'essenza del mio subliminale, di quello che sento dentro e poi lascio che l'istinto guidi la mia mano in un percorso che sulla tela può avere come punto d'arrivo anche solo una impalpabile traccia di esso.
Mi affido al mio “anarchismo creativo” allo slancio di emozioni e passioni vitalistiche, alla forza di una mia personale estetica, alla prefigurazione di una realtà utopica, in una confusa sperimentazione di materiali e linguaggi.
Si può dire che uso la pittura per bilanciare la razionalità che metto in altri aspetti della mia vita.
É innegabile che la fotografia abbia liberato la pittura dalla necessità di rappresentare la realtà (quale realtà, quella oggettiva?
Di realtà, come per altro di verità, ve ne sono molteplici), l'esteriorità (nulla è davvero ciò che sembra), dando ad essa la possibilità di esprimersi in quello che a mio avviso è la sua funzione precipua: raffigurare l'invisibile, l'interiore (quello che abbiamo dentro è verità!).
Chagall affermava che la pittura non è altro che la trasposizione di uno stato d'animo, di un'emozione effimera. Vorrei che il mio lavoro operasse una sorta di” adescamento” nei confronti di chi si sofferma ad osservarlo, vorrei indurlo a far scorrere lo sguardo sulla tela indugiando magari su particolari apparentemente insignificanti, togliendogli riferimenti precisi, reali e portarlo così ad avere, se possibile, un coinvolgimento interiore. Vorrei farlo percorrere con lo sguardo la superfice della tela in un gioco sottile e perverso di opposizioni e approvazioni per demolire, ancora una volta, il pensiero, l’idea, che la pittura sia rappresentazione, trasposizione della realtà, somiglianza di quello che vi è raffigurato alle cose. Non voglio con la mia pittura lanciare nessun tipo di messaggio, ne essa ha una qual si voglia funzione sociale o divulgativa; è semplicemente l’espressione della mia necessità di rendere visibile ciò che nasce per essere nascosto, taciuto, camuffato, qualcosa che le parole non riescono più a esprimere.
Ciò che nasce per essere nascosto nasconde dentro di sè un chè di fragile, di vulnerabile, di incompiuto, il renderlo visibile dà ad esso forza e chiarezza, verità.
In fondo i miei quadri non sono altro che impudiche confessioni. |
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I like painting without order nor discipline, out of intellectual dogmas and pre conceptual ideas.
I like falling in and out of my own ideas and emotions even from those that last a few seconds.. get in and get out of things and situations.. I believe in my instinctive chaos and in my inwardness.
I never know where this flow will bring me.. I’m totally intolerant against the dominant dogmatism, the daily banality and against media.
I don’t want to be contaminated by those elements and above all I don’t want them to influence my art.
What I need instead is to let my inner unconsciousness emerge. I need my superior self, my spirituality to come up, obscuring the logical and rational thinking.
This is the fundamental condition that allows me to enter in a parallel and unknown world, where I can follow my visions, my shivering, and suggestions.
The world where I can find the spiritual vertigos through colors, signs, traces, emptiness and absence.
I try to catch the essence of my subliminal what I really feel inside and then I let my hand be guided by my instinct into a unknown path which can also lead to an almost invisible sign on the canvas.
I completely trust my creative anarchism and my vital emotions and passions.
I trust the strength of my personal sense of beauty, the pre- figuration of an utopian reality in a confused experimentation of materials and languages.
We can say I exploit painting to balance the rationality I use in other aspects of my life.
It is undeniable that the art of photography, allowed painting to get free from the necessity to represent reality ( which reality?
The objective one? It exists a plurality of realities, exactly as it happens for the truth) and exteriority (nothing is what it really seems).
This is how painting had the chance to manifest what it truly is: the representation of the invisible and of our inner life (what we have inside is the real truth!). Chagall said that painting is just the transposition of a state of mind, an ephemeral emotion. I’d love to lure the observer.
I would like the observer to run his look on the canvas examining an apparently unmeaningful detail, and taking precise point of references away from it in order to get to feel engaged inside.
I would like his look to run on the canvas in a subtle and perverse game of opposite and approbations to demolish, once again, the idea that painting means to represent reality.I don’t want my art to launch any kind of message. It doesn’t have any social or divulgative function; my art comes from my inner need to make visible what was born to be kept hidden, unsaid, disguised, something words cannot say.Things which were born to be unknown, hide inside themselves something fragile, vulnerable, unfinished. Turning them into visible things give them strength, clarity and truth. Basically, my paintings are nothing else but unchaste confessions.
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